Babbo dove sei ? Passato e presente

di Stefania D’Echabour

Possiedi poche foto della tua infanzia, il tempo e i fatti se le sono portate via.
Oggi è Santo Stefano, sei con le tue sorelle. Siete grandi, la maggiore ti fa una sorpresa: una fotografia in bianco e nero.
Ci sei tu con la testa piegata a destra, sorridi e sei contenta. I capelli sono corti, il vestito è di crespo di cotone, col colletto inamidato. Sulla spalla si vede il laccio di una piccola borsa.
La carnagione è scura, la sua.
Tuo padre è dietro di te, in bocca ha la sua inseparabile sigaretta.
Lo sguardo è serio, ma soddisfatto, il vestito elegante: giacca e cravatta, tanti capelli castani tenuti in ordine dalla brillantina Linetti. É bello.
Chiudi gli occhi ripensando a quel momento, il passato viene cancellato: senti il calore della tua piccola testa poggiata tre dita sotto la sua spalla.
Pensi che quella foto deve essere stata scattata una domenica.
Era un rito, ogni domenica a bordo della Citroen, tu e la tua famiglia andavate a pranzo fuori.
L’unico momento in cui avevi appetito, mangiavi per imitazione, ti piaceva pensare che stavi mangiando quello che mangiava lui.
Erano gli anni sessanta e il benessere non mancava a casa vostra: viaggi, casa in campagna, ogni settimana un vestito nuovo, a distanza di tanti anni ricordi ancora gli abiti e le stoffe di quei tempi.

«E poi un giorno uno tsunami si scagliò su di voi.»
«Sì, uno tsunami con il volto di un uomo.»

Ho capito che il mio babbo andava via vedendo degli scatoloni per terra pieni delle sue cose, e dopo qualche giorno, quando ho chiesto di lui, mia sorella mi ha preso per mano accompagnandomi dove si era sistemato. Sistemato per modo di dire, una squallida stanza ammobiliata, in una abitazione di una vecchia brutta come il peccato, o forse sembrava a me, per l’incubo che stavo vivendo.
Lì, mio padre mi fece una domanda, dopo avermi spiegato quello che stava accadendo tra lui e mia madre: “Con chi vuoi stare? Con me o con lei?” Alzai gli occhi che avevo tenuto bassi fino ad allora, e come una furia, in preda ai singhiozzi riuscii a urlare con tutto il fiato che avevo in gola: “Voglio stare con tutti e due!”
In fondo cosa è una separazione? Succede spesso. Provate un po’ a farmi vedere il film “Kramer contro Kramer”, mi serve un fazzoletto grande come un lenzuolo, e sento che il petto mi si spacca in due. Anche se sono passati tanti anni ritorno bambina.
Allora non era ancora di moda sfasciare la famiglia.
Parlare oggi di divorzio è banale, ma negli anni settanta le cose erano parecchio diverse, erano gli anni del referendum per il divorzio e la chiesa gridò allo scandalo.

Quel momento storico è passato sulla tua pelle. Eri in collegio, quando passò la legge le monache dettero la sveglia alle cinque per andare a pregare.
Tuo padre dopo la separazione sparì. In un primo momento lottò come un pazzo, quando seppe che tua madre aveva un amante fu molto violento: una notte forzò le finestre di casa, e, come un disperato minacciò di ucciderli entrambi. Aveva una pistola e tu nel sonno vedesti solo la sagoma di un uomo, ma ne rimanesti scossa. Servì uno psicologo per farti rimettere. Ti vergognavi ad uscire di casa, perché “gli adulti” facevano troppe domande. Il problema fu presto risolto: niente più mantenimento e per tredici anni tuo padre sparì; tu e la tua sorellina più piccola in collegio, la grande affidata alla nonna paterna.

Le angherie e le violenze sono state tante nel periodo dell’adolescenza, spesso di notte piangevo e lo chiamavo: “Babbo dove sei?”. Dopo la terza media, nonostante mi piacesse studiare, fui tolta da scuola e mandata a lavorare. Mi fu strappata la minigonna e non potevo uscire con le amiche. Il marito di mia madre decideva tutto, lei taceva.
Un paio di volte il mio babbo si fece vivo con una lettera, ma ero troppo arrabbiata e orgogliosa e rifiutai di vederlo, anche se in cuor mio speravo che insistesse.
Ci riavvicinammo quando andai a convivere con il mio attuale marito, era rimasto senza genitori e con due fratelli più piccoli. Lui si fece coraggio sapendo che avevo sulle spalle una situazione faticosa da affrontare, ed io fui felice di riabbracciarlo.
Il pudore fu tanto, per un lungo periodo non affrontammo l’argomento separazione, però, anche se relegate in un angolo, le amarezze erano sempre tra di noi. Poi, un giorno lo scoprii con gli occhi lucidi mentre fissava il volto della nipotina più piccola. Mi confessò che guardando Maria rivedeva la sua mamma,la mia sorella nell’età in cui ci ha lasciato.
“Da quel giorno ho smesso di vivere”. Ci disse.
Con parole semplici chiese scusa.

“Babbo dove sei?”
Hai il cellulare in mano, mentre piangi guardi il suo nome nella rubrica. Sai che nessuno ti risponderà più. Tuo padre è morto.
La telefonata è arrivata all’una di notte. Poche ore prima vi eravate lasciati scherzando e con la promessa di rivedervi nel fine settimana, a La Spezia, la sua città.
Eri andata a letto con uno stato d’animo inquieto, in allarme. Senza capire il perché.
Come non avevi compreso la commozione improvvisa che ti aveva assalito durante la serata.
Mentre eri ad un concerto, avevi dovuto nascondere il viso dentro la borsa per la vergogna, le lacrime uscivano inarrestabili. Non erano le note musicali a farti piangere, ma a quell’ora, alle undici lui stava morendo di infarto.
Il lutto è stato devastante: ti ha trascinato indietro, di nuovo hai rivissuto il vuoto della perdita, lo strazio della tua infanzia. Un dolore antico.
Hai subito un’ingiustizia doppia, ora che l’avevi ritrovato la morte l’ha voluto con sé.
Sono stati giorni tristi, amari, in silenzio hai passato ore e ore a guardare il mare. Cercavi una risposta.
Poi, lentamente sei uscita dal torpore, leggi, aprendo un cassetto le lettere che avevi ricevuto da lui durante la vostra separazione. Senti un tuffo al cuore perché adesso comprendi quanto ti amava, allora eri cieca perché troppo in collera con lui. Ti aveva lasciata sola.
Comprendi che quel passato non fa più parte di te. Sei orfana.
Una notte sogni tuo padre, la tua famiglia è di nuovo insieme. C’è una festa, tanta gente, musica, ballate e ridete. Indossi un vestito di tulle rosso, la mamma copre il suo volto sotto una paloma con una grande rosa appuntata. Tu cerchi lui, gli occhi malinconici di tuo padre ti regalano un gran sorriso e ti tira un bacio.

“Babbo dove sei? Non mi hai nemmeno salutato!”
Le coincidenze dopo la sua morte sono state molte, me l’hanno fatto sentire vicino.
Come quando dopo qualche mese che non c’era più, per caso lessi sul giornale di un corso di scrittura, pensando che scrivere mi poteva fare bene, andai. Da lì ho scoperto di avere dentro di me una passione repressa e quando ho partecipato al mio primo concorso letterario ho vinto il primo premio.
Da non crederci!
Che strano, mentre stavo pensando a quanto sarebbe stato orgoglioso di me, mi si avvicina un signore: “Brava! Se oggi non c’è lui a dirtelo, te lo dico io per lui, conoscevo il tuo babbo, avete gli stessi occhi!”
Ora, ogni volta che penso a mio padre sorrido, nonostante il dolore.
Dalla sua morte ho avvertito dentro un senso di libertà, come se mi avesse liberato da un peso che mi teneva prigioniera. La sua presenza è costante, mi ha accompagnato in un percorso. Penso sia lui a mandarmi le cose belle che mi stanno capitando e lo ringrazio. La sua morte ha innescato qualcosa che mi ha permesso di usare strumenti che erano ben chiusi dentro una cassaforte.
Sembra una contraddizione ma non lo è: morte e vita, dolore e libertà. Lui è me, ma io sono io, e solo adesso ho la mia unicità.
Da un po’ di tempo scrivo in una rivista, il giorno che ho conseguito il cartellino di giornalista, ho guardato in alto e ho detto: “Hai visto babbo?”. Vado per pagare e ho vinto con un gratta e vinci la stessa cifra che dovevo versare per l’iscrizione all’albo dei giornalisti.
Anche dopo la sua morte c’è.
Rischio di essere noiosa ad elencare ogni cosa, potrebbe sembrare la lista della spesa. Via, ne scrivo un’altra. Babbo veniva ogni sabato prima di Natale e ci portava un regalo. Ogni sabato prima di Natale arriva un regalo inaspettato: quest’anno ho vinto un servito da macedonia!
Lui non c’è più, ma andando via una parte di sé è rimasta dentro di noi, è vero! Ed è bello scoprire quanto io gli assomigli, anche in quei difetti che magari condannavo e che oggi mi fanno felice perché quel senso di appartenenza mi piace.
“Babbo dove sei?”
Nella mia forza
Nel mio respiro
Nella tenacia
Nel sorriso
Nel cibo
Nel mare di Lerici
Nei numeri della tua nascita che gioco al lotto
Nel fango delle Cinque Terre
Nel tuo regalo di Natale
Negli occhi della mia gatta, verdi come i tuoi.
“I gatti sono le anime dei morti.”
La mia gatta è dispettosa come te.